1597, novembre 5. Venezia, Palazzo Ducale.
Documento pergamenaceo con sigillo pendente: atto pubblico di carattere giuridico-amministrativo del Doge di Venezia, Marino Grimani.
REGESTO
Marino Grimani, Doge di Venezia, dinanzi e unitamente ai suoi Capitani e Rettori, comunica all’ awocato Francesco Cornelio la sentenza che riguarda il suo assistito, Giuseppe Gaioncello, che si è macchiato della colpa di indebito sfruttamento non solo dei suoi beni, ma anche di quelli della comunità, infrangendo le regole circa la regimentazione delle acque, con canali interrati o scavati in luoghi non dovuti, ma anche circa la caccia e la pesca, oltre che della raccolta di frumento, biada, lino, legna e frutta; si stabilisce pertanto che vengano confiscate le terre del suddetto Giuseppe Gaioncello, di cui si fa dettagliatto elenco terris, campis, pratis, dominibus, curtivis, hortis, broiolis, viridaris, vineis…” ). i’ ‘
NOTE PALEOGRAFICHE E DIPLOMATICHE
Il documento, in pergamena di buona qualita e conservazione, è redatto in una elegante umanistica corsiva, dal ductus regolare ed omogeneo. La stessa mano segna sul verso una breve nota archivistica di registrazione.
La stessa mano segna nel bordo superiore del recto la nota che attesta l’awenuta consegna di copia del documento a Giuseppe Gaioncello in data 26 novembre 1597, mentre alla fine del testo annota l’avvenuta registrazione dell’atto nell’Archivio ducale. lln’ ,altra mano, nel margine inferiore del recto, scrive la nota che traferisce di come tale sentenza sia stata definitivamente resa pubblica tramite affisione in data 22 maggio 1600. L’ impaginazione è molto curata ( ben visibile è ancora lo specchio rigato tracciato con punta metallica ) e segue il modello grafico e diplomatico della lettera di cancelleria pubblica, sorta sulla tipizzazione della bolla pontificia, con la prima linea di scrittura occupata dalla titolazione dell’ emittente, segnata in modulo più grande e a lettere capitali: ” MARINUS GRIMANO DEI GRATIA DUX VENETIARUM”
Come la bolla pontificia l’atto non reca la firma autografa del Doge, ma il documento deve la sua autenticità al sigillo pendente, posto alla fine del testo redatto dal segretario della Cancelleria Ducale, che appone la sua sigla (“Do;Bi”), come di norma, all’ interno o, in questo caso, sulla plica pergamenacea. Quest’ ultima regge, con un semplice filo canapis , il ben conservato sigillo di piombo del Doge, recante su di una faccia la raffigurazione del Doge dinanzi a San Marco che gli consegna le insegne del potere ducale e sull’ altra il titolo dogale: “MARINUS/GRIMANO/ DEI GRAtia/ DUX/ VENETIArum/ ET/ Commune” .
Dott. ssa Loretta Piccinini